Foto di Luca Vittonetto

TEATRO D’OMBRE

Aspettavo. E intorno tutte le geometrie si facevano incalzanti, ossessive.
Aspettavo. E contavo i quadrati e i triangoli d’acciaio della struttura che mi conteneva. Ufficialmente ero una passeggera in attesa. Indossavo un vistoso cappello di paglia color fucsia. Ero appena scesa da una nave e a breve sarei salita a bordo di un treno. Mi trovavo bene in mezzo a quelle geometrie, mi rassicuravano. Avevo bisogno di angoli retti, di lati chiari, ben tracciati, prevedibili. I miei simili li vedevo, emergevano da una lattiginosa cortina. Camminavano, chi a fatica, chi spavaldo. Non esistevano più i generi, non esistevano più geografie, non esistevano più i suoni. Solo una voce che avvisava di treni in partenza e in arrivo. E mentre le ombre dell’uomo creato davano più consistenza all’imponderabile teatro della vita, la mia mente si nascondeva fra motivi d’acciaio.
Tenevo duro.


 Copyright © 2015, Silvia Dacomo
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