L’altrove in una capriola

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L’altrove in una capriola

Swimming Pool, Schwimmerin, Anschlag im Ziel

 

Nel post “La chimica della gioia” vi avevo raccontato della speciale condizione immaginifica che sperimenta chi nuota con passione. Ma, da una decina di anni, è anche possibile accompagnare bracciate, apnee, vasche e snorkeling alla musica usando un lettore mp3 impermeabile su cui caricare le colonne sonore della propria vita. Banalmente pubblicizzato come ausilio per rompere la monotonia dell’allenamento in piscina, di fatto questo dispositivo arricchisce a suo modo anche l’estetica del legame tra acqua e musica.

Diciamola tutta, al mare, raramente capita di vedere qualcuno che nuota ascoltando musica. In generale chi ama nuotare se ne va al largo, cercando in solitudine la sua strada fluida. La sua strada immaginaria, dal solco lieve ed effimero. Tracciata subito prima o, a proprio rischio, dopo le boe che regolamentano quei trecento metri da riva vietati alle barche a motore.

Il lettore mp3 acquatico lo posseggo da una decina d’anni, un regalo. Lo uso spesso in piscina senza avvalermi di alcuna manualistica che propini generi musicali per regolare il tono dell’umore, o per migliorare l’allenamento. No. Decido solo io. Perché siamo io, l’acqua e il suono ad incontrarci per liberare la mente. Liberarla dall’assedio lavorativo di centinaia di dati, di centinaia di metri di parole che scorrono sul computer, dai calendari passati, dai doveri, da ogni tedio. Non ho quindi mai preparato una compilation “tecnica”. Cerco altro. Ascolto suoni a me cari, o perché regalano in velocità potenti guizzi di esuberanza, o perché generano catarsi, sì: esiste una gioia dirompente anche nell’ascolto della malinconia.

Capriole musicali. Questo diventano le virate che si compiono toccando la parete per poi riprendere la nuotata da un capo all’altro della piscina. La parete è un limite, fa parte del conteggio, ma quella capriola in musica lo sublima. Capriole meravigliose con la musica che amo. Capriole con entrambi gli Arabesque di Debussy, che sono spruzzi di note d’acqua, capriole di astrazione pura con le suite di Bach. E capriole con i suoni di autori che di esplorazioni interiori ben se ne sono intesi: Alan Parson Project, Pink Floyd, George Harrison, David Gilmour, Genesis. Capriole di parole con Paolo Conte, Joan Baez, Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini. Capriole spensierate mentre Ella Fitzgerald sghignazza con Count Basie sul palco di Montreaux in un concerto indimenticabile. Grandi nomi qui, per rendere l’idea, ma sono davvero tante le voci e le band che accompagnano le mie vasche. Spesso poco note eppure sorprendenti.

Anche in scenari mediterranei ho sperimentato capriole musicali da autentico nirvana marino, nello snorkeling fra anfratti rocciosi e archi naturali. Brani storici del sound psichedelico con cui vivere un’esperienza formidabile, in un altrove smisurato dentro e fuori di me. E di questo, a breve, in uno dei prossimi post!

La chimica della gioia

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La chimica della gioia

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Il nuoto è, per chi lo pratica con passione, una speciale condizione umana, una dipendenza, una chimica della gioia. Che cosa accade a noi nuotatori appassionati dopo numerose vasche? Massicce quantità di beta–endorfine liberate nel cervello abbracciano strette i recettori sparsi in vari punti del sistema nervoso. L’effetto è possente, dura un paio d’ore. Un processo stupefacente, nel vero senso della parola, che dà dipendenza. Lo sanno benissimo tutti i nuotatori. Felicità per me, ogni volta, raccontarlo.

Nuoto con regolarità da più di trentacinque anni e, come ho scritto altrove, non riesco a smettere. Devi amare l’acqua se ami il nuoto. Ovvietà. Ma se amerai il nuoto, imparerai presto a conoscere che cosa è veramente quell’acqua che nutre il fiume della tua città, che muove il mare e scatena torrenti e cascate. Imparerai ad apprezzare, incredibilmente, la natura artificiale della fresca acqua clorata di una piscina, anche d’inverno. E d’estate  riconoscerai l’instabile carattere del mare. Affronterai le sue improvvise variazioni di umore, come l’intreccio di correnti tiepide e freddissime sotto il tuo corpo che potranno, complice un vento improvviso, rendere faticoso il ritorno alla caletta, alla spiaggia o al gommone, mettendo a prova fiato, forza e volontà. In una parola tutta la tua linfa vitale. Che ritroverai sdraiandoti al sole e inebriandoti di luce o bevendo caffè caldo al riparo a nuotata conclusa. In una giornata di mare mosso, imparerai a tuffarti dentro le onde più alte appena si formano, sotto le creste non ancora spumose, e per quasi due ore dimenticherai di avere più di cinquant’anni. Urlerai di gioia e scherzerai con la vita come quando eri adolescente, anzi meglio di allora, perché il tempo oggi è forse davvero più tuo e ne conosci tutta la preziosità.

Esiste da sempre nella storia dell’umanità il bisogno di sentirsi altrove, passando per vari sentieri fisico–mentali. Meditativi, contemplativi, adrenalinici. Gettare la zavorra dei pensieri più pesanti e distruttivi, procedere per sottrazione del superfluo e dell’inquinante l’umore, rifugiandosi nell’astrazione, fuggendo da tutti i bisogni reali e indotti che sembrano indispensabili, per scoprire che siamo nati nudi. Ecco, quando nuoto è come se il mio corpo oltrepassasse ad una ad una tutte le barriere ingrate del tempo. Ogni guizzo è sempre di colore chiaro, la bracciata solleva solo trasparenze e mi sento tutt’una con la grazia fluttuante e fantasiosa del movimento che non pesa. Cinquanta, sessanta vasche continue da venticinque metri e mi trasformo in puro movimento mentre la mente si svuota. Le bolle si rincorrono verso l’alto e il suono subacqueo di me che respiro agisce come un mantra liquido. I pensieri si semplificano, le idee affiorano, le distanze dalla bellezza si accorciano. E poi a ogni vasca compiuta la virata, toccare la parete e capovolgersi con una capriola. L’armonia, l’equilibrio, che oggi chiamiamo con una volgare riduzione benessere e lo misuriamo in calorie, sono le mie mete natatorie.